MARKETING

36 trucchi per aumentare i ricavi del tuo ristorante

Le tecniche di marketing che ogni ristoratore deve conoscere

Quali sono le tecniche di marketing che ogni proprietario di un ristorante o di una pizzeria deve conoscere per indurre i clienti a spendere di più?
Marco “Monty” Montemagno ce lo spiega in un breve video (riportato anche in fondo) in cui rivela alcuni metodi che, secondo lui, il ristoratore dovrebbe applicare per incrementare i suoi guadagni. Ma i commenti al suo video hanno scatenato una vera e propria ondata di suggerimenti, anche degli stessi addetti ai lavori, che abbiamo pensato di raccogliere qui insieme ai primi, tutti in un’unica lista. Eccoli dunque.

I trucchi di Monty

  1. Prezzo. Il prezzo sul menù indicato senza il simbolo della valuta (es. € o $) sembra un ottimo modo per spingere il cliente a spendere di più, quasi si sentisse più “distaccato” dal denaro che sta per spendere.
  2. Descrizione. Descrivere un piatto in forma “succulenta” usando parole e immagini evocative può renderlo più appetibile e di conseguenza giustificare un prezzo più alto.
  3. Dimensione. Le dimensioni contano: il cibo presentato su piatti differenti cambia la percezione del cliente che penserà di aver mangiato di più o di meno, e quindi sarà più o meno disposto ad ordinare altro.
  4. Forma. La curvatura del bicchiere o la sua altezza può spingere a bere di più: più curvato o più basso sono le giuste forme da utilizzare per bicchieri che “funzionano” meglio per il ristoratore…

Bevande

  1. Distrazione. Il consiglio più gettonato tra tutti riguarda le bevande: pare infatti che il consumatore non gli dedichi la stessa attenzione che riserva alle cibarie, perciò è molto più semplice alzare il prezzo di una birra alla spina o di un prosecco che quello di un primo piatto o di un antipasto: il più delle volte il cliente non farà obiezioni e le ordinerà senza nemmeno accorgersene.
  2. Sale. Rimanendo sempre in tema di bevande, pare che esista un trucchetto universalmente riconosciuto per spingere l’avventore a chiederne di più, e cioè abbondare con il sale negli impasti (o con il wasabi se parliamo di cucina giappo o etnica).
  3. Caldo. Oltre a questo, anche alzare un po’ oltre il necessario il riscaldamento del locale spingerebbe il cliente a sentire più immediato il bisogno di bere per difendersi dal caldo.
  4. Àncora. Se vogliamo parlare della carta dei vini, non si può assolutamente tralasciare la cosiddetta “tecnica dell’ancoraggio”, che consiste nel mettere i vini in ordine di prezzo decrescente: pare infatti che la mente di chi legge si “ancori” sul primo prezzo che legge, in modo che a livello mentale ci si “setta” su un prezzo elevato e tutti gli altri ci sembreranno molto economici, anche quando non lo sono affatto.
  5. Litro. Molto efficace anche la consuetudine di sostituire la bottiglia da 1 L con quella da 0,75: la maggior parte delle volte la bottiglia non sarà sufficiente e il cliente si troverà costretto a ordinarne una seconda.
  6. Bundle. Rimanendo in tema di vini, molti gestori sono soliti proporre degli abbinamenti tra pietanze e vini a un prezzo fisso; questa modalità sembra riscuotere un gran successo e permette di alzare un bel po’ gli introiti della serata.
  7. Subito. Le bevande vanno portate subito, non appena il cliente si siede al tavolo; in questo modo, verosimilmente, finiranno prima che arrivi il cibo e dovranno per forza di cose essere di nuovo richieste.
  8. Sparecchiare. Quando le bottiglie sono ormai vuote, il cameriere dovrebbe premurarsi di toglierle dal tavolo il prima possibile: in questo modo a livello psicologico non ci sembrerà di aver bevuto tanto e saremo più disposti a continuare a ordinare.

Menù

Passiamo adesso al menu vero e proprio. Quali sono i trucchetti grafici che ci permettono di attrarre di più l’attenzione di chi legge? 
Negli ultimi anni si parla molto di “menu engineering”, un’espressione che in italiano potrebbe essere resa con “ingegnerizzazione del menu”: si tratta di una vera e propria tecnica quasi scientifica di composizione della carta, che studia le strategie più efficaci per massimizzare i profitti del ristorante utilizzando come unico strumento proprio la lista delle vivande. Parte dall’analisi dei costi di ogni prodotto, quella dei dati di vendita dei piatti, e infine la stesura vera e propria della carta, che dovrà avere un’estetica tale da fare la differenza. Bisogna saper “raccontare” ogni singola pietanza e dare al consumatore un valore aggiunto che lo soddisfi e lo spinga a tornare. Ecco i suggerimenti chiave.
  1. Usabile. I tre elementi che ogni carta degna di questo nome dovrebbe avere sono: leggibilità, fluidità, intuitività. Il cliente deve infatti approcciare ad essa con fiducia e curiosità.
  2. Spessore. La carta del menu deve avere una grammatura elevata che le dia un certo spessore: tenere in mano qualcosa di pesante ci dà infatti la sensazione che quello che stiamo ordinando sia di qualità superiore.
  3. Tema. I piatti devono essere elencati in maniera mirata, con descrizioni essenziali e utilizzando magari delle icone speciali per i cibi da sponsorizzare; non sempre conviene utilizzare nomi altisonanti per esprimere un concetto semplice: non è detto, ad esempio, che un genuino e semplice “pomodoro e basilico” funzioni di meno di un pretenzioso “spaghetto al pomodoro del Piennolo del Vesuvio dop, con riduzione di olio a basilico evo e scaglie di parmigiano doc”. A volte è molto apprezzata l’idea di dare dei nomi specifici a tema ad alcune creazioni del locale: questo vale soprattutto se parliamo di panini o hamburger.
  4. Foto.  Molto incisiva, anche se poco usata, la presenza di foto che vadano ad illustrare meglio quello che stiamo per ordinare e ci facciano venire la cosiddetta “acquolina in bocca”.
  5. Numero. Anche il numero dei piatti non dovrebbe essere eccessivo né troppo limitato: l’ideale pare più o meno fissarsi su 5/6 varietà per ognuno degli antipasti, primi piatti, secondi e dolci.
  6. Posizione.  La localizzazione sulla lista dei cibi più costosi dovrebbe essere in basso a sinistra o, ancora meglio, in alto a destra: pare infatti che l’occhio di chi legge naturalmente tenda a volgersi in queste posizioni e, mentre ci sono soltanto pochi eletti che imparano quasi a memoria il menu, la maggior parte degli avventori tende ad essere pigra e ad ordinare dopo una rapida scorsa (è scientificamente provato che il tempo massimo dedicato alla lettura del menù è di 180 secondi).
  7. Invisibile. Uno degli espedienti che si utilizzano negli ultimi tempi è quello di non mettere il prezzo di ogni piatto incolonnato, ma di scriverlo direttamente subito dopo la descrizione del cibo, in modo da renderlo meno visibile.
  8. Chilogrammo. Per le carni e per i pesci, soprattutto quelli più pregiati, conviene scrivere il prezzo al kg anziché a porzione: in questo modo il cliente non avrà chiarezza completa su quanto andrà a spendere (e quasi sempre spenderà di più di quel che immaginava).
  9. Italian. Se siamo all’estero, fa sempre molta scena utilizzare nomi italiani anche se il cibo in questione non lo è veramente ma magari contiene soltanto un ingrediente tipicamente nostrano.

Camerieri

Molto importante è il ruolo del cameriere, che dovrebbe essere scelto con grande cura in quanto rappresenta una presenza fondamentale all’interno dell’esercizio. 
  1. Psicologo. Il cameriere dovrebbe avere doti di psicologo: capire la personalità di chi ha di fronte e quali tecniche utilizzare per spingerlo a spendere di più. Importante anche la capacità di osservazione verso il cliente: se è una coppia, sono in armonia o hanno appena litigato? Si può spingere l’uomo a spendere di più per farsi perdonare dalla sua bella? O magari è meglio consigliare un piatto che indovini i desideri nascosti di lei?
  2. Regolare. Un grande aiuto ci viene dalla PNL, le tecniche di programmazione neurolinguistica di cui tanto si parla in certi ambienti e che ci fanno capire quanto possa essere determinante, in alcuni casi, utilizzare un termine invece di un altro. Ad esempio, se dobbiamo mettere a scelta il cliente tra un bicchiere di vino grande e uno piccolo, conviene chiamare quello grande “regolare”: in questo modo la scelta del consumatore andrà quasi sempre su quest’ultimo.
  3. Fuorimenù. La più grande abilità del cameriere dovrebbe essere quella di spingere i cosiddetti “fuori menu”, ovvero i piatti della casa che avranno un prezzo più elevato proprio per la loro unicità. Per fare questo è necessaria una buona eloquenza, una reale conoscenza degli ingredienti utilizzati e anche la descrizione del gusto (è bene che il cameriere assaggi sempre i piatti che vuole promuovere), quest’ultima spesso la chiave per arrivare direttamente ai recettori sensoriali di chi lo sta ascoltando.
  4. Speciale. Allo stesso modo il cameriere deve conoscere i punti di forza della cucina per cui lavora e mostrare con orgoglio al cliente quali sono i prodotti tipici in cui l’esercizio è specializzato: lavora col biologico? È rivolto a un pubblico elitario? Ha molta cura per le intolleranze, le allergie o le sensibilità alimentari del consumatore? Ogni attenzione di questo tipo giustifica un prezzo più elevato.
  5. Prosecco. Se il tempo d’attesa per il primo piatto si prevede un po’ lungo, il cameriere dovrebbe approfittarne per proporre stuzzichini, assaggini o un buon prosecco per ingannare l’attesa.
  6. Mini. Come si evince dalle righe precedenti, una delle strategie più funzionali per arrivare all’orecchio del cliente in maniera discreta è l’uso del diminutivo: stuzzichino, assaggino, prosecchino funzioneranno meglio del medesimo termine al grado positivo, e chi ordina avrà la sensazione di spendere di meno di quanto realmente accadrà.
  7. Ammazzacaffè. Pare che il “fine pasto” non esiga dall’avventore le stesse attenzioni che egli concede al pasto vero e proprio; per questo motivo un modo valido per alzare il conto è quello di proporre, quando il cliente è già soddisfatto, un buon caffè, amaro o grappa a cui il gestore avrà sapientemente applicato un rialzo dei prezzi ad hoc, rialzo che nella maggior parte dei casi non verrà affatto notato.
  8. Senza. Alcune scuole di pensiero sostengono che sia addirittura più proficuo lavorare senza menu, utilizzando come sostituti delle lavagne su pareti con l’elenco dei piatti del giorno e affidando all’abilità oratoria del cameriere (e alla sua memoria) la maggior parte della responsabilità nella scelta: in questo modo il cliente, per conoscere il prezzo di ciò che andrà ad ordinare, dovrà necessariamente richiederlo, ma pare che una buona percentuale di persone di fronte a questa contingenza preferiscano evitare di farlo seppur rischiando a fine pasto sorprese non gradite.
  9. Orale. Anche gli esercizi che non vogliono rinunciare al menu dovrebbero però preferire la variante orale per la scelta dei dolci, che sarà lo stesso cameriere ad elencare al cliente a fine pasto, avendo cura di menzionare per ultimi i più cari: sembra infatti che il nostro cervello memorizzi più facilmente ciò che ascolta alla fine e quindi la scelta al novanta per cento ricadrà su uno dei dessert meno economici. Una “chicca” che riguarda essenzialmente la scelta del dolce è quella di rivolgersi all’elemento femminile della coppia o della tavolata per chiedere se lo gradiscano: se anche a dieta infatti, poche di loro rinunceranno a finire il pasto con una delizia zuccherina, e l’uomo, notoriamente incline al’assenso, nel novanta per cento dei casi si unirà alla scelta della sua compagna.
  10. Moderato. Per quanto riguarda il servizio vero e proprio, si raccomanda che non sia né troppo veloce, per evitare che il cliente si sazi subito, ma nemmeno troppo lento, per non fargli passare la fame e creare malcontento.

Segreti del mestiere

Ci sono poi delle strategie classiche ma sempre vincenti che restano imprescindibili:
  1. Misura. Le quantità dei cibi nei piatti devono essere misurate, in modo da non soddisfarlo completamente, ma deliziarlo quel tanto che basta per spingerlo a ordinare ancora qualcos’altro.
  2. Open. La scelta di una cucina “aperta”, che consenta al cliente di avere tranquillità sulla pulizia e l’efficienza della stessa, resta una delle opzioni più popolari per guadagnarsi fiducia e credibilità. Questo vale ancora di più se il locale si propone come particolarmente attento ad alcuni bisogni nutrizionali: ad esempio, per un ristorante che faccia cucina per celiaci, sarà essenziale mostrare la presenza di un forno separato dedicato completamente al gluten free che elimini qualsiasi rischio di contaminazione.
  3. Pulito. La pulizia del locale in generale e del bagno in particolare è un elemento davvero essenziale per crearsi una buona fama e per mettere a proprio agio anche il cliente più schizzinoso.
  4. Privè. In alcuni contesti potrebbe essere una buona idea quella di mettere a disposizione del cliente, su sua richiesta e a pagamento, un’area privata al riparo dalle chiacchiere e dalla confusione: infatti per alcune persone le cene o i pranzi non sono soltanto momenti di svago, ma potrebbero essere occasioni per parlare di lavoro, per condividere informazioni private o semplicemente per godersi la reciproca presenza in un contesto diverso da quello della casa. Sempre più coppie ultimamente apprezzano la possibilità di pranzare in una location a loro riservata e sono ben disposti a sborsare qualcosa in più pur di avere silenzio e tranquillità.
  5. Esclusiva. Per gli intenditori o gli appassionati non è mai un sacrificio spendere qualcosa in più per avere a disposizione una selezione delle specialità che gli sono care. Per questo motivo un ristoratore che voglia specializzarsi in una rosa accurata di grappe o in un menu dedicato ai caffè speciali dal mondo potrebbe riscuotere un grande successo, almeno per un target di consumatori che spesso si rivela meno esiguo di quel che si poteva immaginare.

Conclusione

Ognuna di queste piccole strategie di vendita, per un ristoratore in crisi, potrebbe fare veramente la differenza, in termini di profitto e di risonanza, e sono sempre di più i gestori che si affidano ad esperti in grado di consigliarli in tal senso. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che se mancano gli ingredienti essenziali, ovvero la dedizione, la passione, la qualità, l’onestà e un buon servizio, nessun trucco di marketing, per quanto efficace, potrà mai valere veramente a rimpolpare le casse. Se però siamo convinti della bontà del nostro lavoro, della competenza e dell’eccellenza dei nostri chef, della complicità del nostro staff, e nonostante questo gli incassi non bastano a soddisfarci, allora forse è davvero il caso di seguire passo passo questi consigli e – perché no? – di valorizzare come merita il lavoro nostro e di chi ci sta vicino. A volte quello che ci serve è soltanto il dettaglio che cambia la percezione delle cose: se impariamo a venderci bene impariamo anche a credere in noi e la nostra clientela se ne accorgerà e saprà come ricompensarci.

Per completezza ecco il video di Marco Montemagno e il link al post per leggere tutti commenti.

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